Roberto Montagnini

 

Roberto Montagnini
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BIOGRAFIA

Pittore e scultore, nato a Bolzano il 19.06.1946. Autodidatta, aderisce all’Associazione Coordinamento d’arte La Goccia. Ha esposto: Egna, Arco (TN), Laives, Verona, Merano, Bolzano, Agna (PD), Berna (SVIZZERA), Trento, Villa Lagarina (TN), Cagnò (TN). Risiede e lavora in Via Claudia Augusta 26 39100 Bolzano

Il colore, mare dentro 2020

L'approccio multimaterico è interessante anche dal punto di vista di nuove scoperte nel labirinto linguistico del colore. Mario Cossali

 

UP & DOWN 2019 

Roberto Montagnini, pittore e scultore, vive e lavora a Bolzano.
Formatosi come autodidatta, fortemente attratto dalla passione per ogni forma d’arte, aderisce all’Associazione Coordinamento d’arte La Goccia, esponendo in diverse città, in regione e fuori regione, in Veneto e in Svizzera.
Da una pittura più legata all’espressione materica e dalle forme soprattutto astratte, sempre però caratterizzate da un lirismo e da una tendenza allo sguardo interiore, approda, nelle sue ultime opere, al bianco e nero che, dai toni e dai contenuti diversi, più drammatici, e maggiormente sentiti, presentate per la prima volta in questa edizione di UP & DOWN 2019.
Predomina qui il tema della follia, intesa nelle sue varie manifestazioni, attraverso un approfondito studio di Montagnini per la filosofia, quale arte del pensiero per eccellenza, centro del suo interesse, della sua ricerca e della sua opera, che qui si evolve in proposte del tutto nuove.
Ad essere indagato è soprattutto l’Uomo, di cui è messa a fuoco l’interiorità, l’anima, attraverso toni drammatici e molto coinvolgenti.
Nelle grandi tele, in cui lavora prevalentemente sulla fotografia, il bianco e nero assume forti contrasti, espressione esso stesso, prima ancora del soggetto, di una follia e di una tragedia interiore, dove l’umanità intera, nella sofferenza, cerca una via che la allevi dalla solitudine, alla ricerca di un cammino possibile, o anche solo di un passo verso la speranza. Tema non solo intrinseco a ognuno, spesso legato anche a una dimensione d’inconsapevolezza, ma drammaticamente attuale dentro una tragedia ormai epocale che si riassume proprio nel cammino verso qualcosa di diverso, di migliore, di salvezza e di pace. Il passato dovrebbe servire da ponte verso il futuro, in un movimento lento ma sicuro nel raggiungere una meta, sia soggettiva che collettiva, una pace interiore, la libertà, una linea di vita nuova, un equilibrio pacificatore e stabile.
Nelle opere presenti in mostra Montagnini coglie dettagli di immagini che colpiscono in primis la sua anima, per rielaborali e assemblarli poi sulla grande dimensione.
Questo nuovo percorso dell’artista è uno scatto in avanti coraggioso, che compie spinto anche dal tema del viaggio compiuto o da compiere nella sfera più intima dell’individuo.
L’Uomo,di norma, viene spontaneamente pensato come soggetto caratterizzato dal colore, ma sapersi guardare dentro, fino in fondo, significa per l’artista entrare nel bianco e nero, nella voglia e nel rischio di sondare la propria psiche, unica e irripetibile in ogni individuo, che Montagnini considera come materia primordiale, la cui etimologia si riconduce proprio all’idea del ‘soffio’, cioè del respiro vitale.
A seconda di come la psiche, l’esperienza di sé, si muove, può trasformarsi in tragica follia, con tutte le conseguenze di privazione della propria vita; se viceversa viene elaborata, attraverso un faticoso cammino interiore, può anche diventare una sorta di indefinibile follia positiva, trasformandosi in essenza creativa, in esplorazione di un mondo ‘altro’, sviluppandosi così in una sopravvivenza che si affranca dall’abbandono.
Le opere in mostra offrono l’occasione di comprendere maggiormente quel file rouge legato al suo interesse convinto per l’esistenzialismo, inteso come Umanità caratterizzata dalla precarietà e dall’irripetibilità che l’ha sempre inevitabilmente accompagnata, finora espressa ed esposta da Montagnini solo in brani parziali.
Uomini, Donne, Natura spezzati, sguardi dentro finestre o in una caverna che ci porta col pensiero direttamente a Platone. In essi scorgiamo, o intravvediamo immagini drammatiche, una persona sola dal capo reclinato, un viso angosciato dietro una cella, ma con uno sguardo anche di sfida, cui ci appelliamo, solitudini immense, enorme malinconia o immagini forti in cui vedere tragicamente, in un sentito omaggio a Salgado, la sofferenza compiuta e intera di un’umanità in fila, in un viaggio di dolore, anche fisico.
Infine, sempre riportati sul grande formato, tre pezzi che l’artista immagina come muri, unico accenno di colore in mostra, concepiti come un pensiero rivolto ad Alda Merini, poetessa che ben incarna nei suoi versi la poesia tagliente del Novecento, che pone al centro gli esclusi e gli emarginati, nella quotidiana fatica del vivere.

Paola Bassetti

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